Di recente Piero Formica, uno dei massimi studiosi mondiali di economia e innovazione, mi ha offerto una visione eccentrica del concetto di ignoranza. In verità ho sempre pensato che dosi massicce d’ignoranza portassero numerosi vantaggi soprattutto in senso pratico (non a caso “ignorare gli ostacoli” evoca coraggio e determinazione). Tuttavia non mi era mai parso così chiaro il rapporto che lega l’ignoranza, considerata in genere negatività assoluta, alla creatività e all’innovazione, termini positivi quant’altri mai, per lo meno di questi tempi (contrariamente a quel che si può pensare non è sempre stato così nel corso della storia).
Formica distingue in maniera netta due tendenze diverse riguardo all’innovazione: la prima è composta da coloro che cercano, e magari trovano, i migliori sentieri nella giungla dell’esistente, che quindi restano nell’ambito del “già conosciuto” per migliorarlo; la seconda tendenza invece vede protagonisti coloro che escono dalla giungla per esplorare nuovi mondi. A parte le suggestive immagini - che riducono i primi a battitori di sentieri noti ed esaltano i secondi a scopritori di mondi - in verità Formica non scopre nulla, evidenziando questa differenza. Ma la sua analisi va oltre. Affronta anche l’attitudine che deve possedere il creativo, l’esploratore di mondi, o almeno colui che vuole provare a esserlo, e per far questo celebra l’ignoranza di chi “viaggia leggero” senza il bagaglio concettuale dell’esistente e che perciò, proprio per questa leggerezza, può indulgere in quel “pensiero laterale” che è alla base della creatività, e perciò dell’innovazione. Il ritratto di un frescone, più o meno.
In un’altra istantanea ho cercato di chiarire come il processo creativo inizi sempre con una spasmodica accumulazione di dati attorno a un problema, accumulazione che genera conoscenza (ma non ancora creatività) e che avviene nell’emisfero sinistro del nostro cervello. E di come la creatività propriamente detta sia invece un prodotto residuale di questo accumulo d’informazione, che si svolge nell’emisfero destro e che ci coglie spesso di sorpresa, nel momento in cui si è allentata la tensione che l’accumulazione d’informazioni in sé comporta. Questo percorso in fondo sta già raccontando una fase di pesantezza (accumulo d’informazioni sull’esistente) a cui si contrappone una estrema leggerezza (scioglimento delle informazioni in una semplice risoluzione che mette in sorprendente e quasi involontaria relazione concetti di tipo diverso che da tempo avevamo sotto il naso e che non riuscivamo a guardare in quel modo). È come se la conoscenza fosse una gabbia che dobbiamo costruire per poter poi dissolvere allegramente.
Credo però che nel processo creativo, soprattutto in certi processi creativi, non si possa lasciar fuori un’altra componente sottile e complessa: il mito. L’esploratore di mondi, lo spirito creativo, si annoia a frequentare il già saputo. Viene perciò attratto dalle sue stesse incompetenze, incessantemente, per colmarle. Non ha paura della sua ignoranza perché la sfrutta. Arriva così a un tipo di conoscenza che si avvicina molto al “sentire”. Che diventa ispirazione. Ben oltre quindi la semplice e fredda conoscenza. È come se insistendo su una cosa (un concetto, un sistema...) la svuotassimo di poesia, privandola della sua carica simbolica, perciò del mito. Castrando così l’immaginazione necessaria per poter andare al di là, che è poi quel che si chiede al creativo.
Credo infine che Formica mi abbia sorpreso solo perché ha usato una parola, ignoranza, che faccio fatica a maneggiare con disinvoltura, specie se rivolta verso me stesso. Certo è che una ripassata agli attributi necessari a sondare i propri limiti in rapporto alla precarietà del reale, non fa mai male. Vorrei potermi ricordare sempre di questa precarietà di fondo che sottende l’innovazione, che è una precarietà che si avvicina molto al gioco, alla sfida, per servirmene quando ho bisogno di più coraggio, di più leggerezza, quando magari per essere un tantino originali serve proprio “ignorare gli ostacoli”, in primis il giudizio degli altri.
03/03/2015 Filippo Maglione